Napoli


Napoli, in giro attraverso i luoghi comuni

"Di passaggio, di Napoli mi è rimasta l'impressione di un gigantesco ingorgo di automobili, di una gincana di matti tranquilli (dov'è l'esuberanza verbale dei napoletani?). E mi è rimasto anche il ricordo della baia illuminata, vista dal balcone dell'albergo, come un'immobile processione di lanterne, lungo la costa." J.S.



Per apprezzare Napoli bisogna accettare che il caos regni sopra ogni cosa, accettarlo stoicamente e farsene una ragione.
Il campionario di luoghi comuni su questa città l'ho spulciato un po' tutto ma, sinceramente, alcune cose mi hanno sorpreso.


Non ho incontrato il traffico bestiale che mi aspettavo, forse è stata una coincidenza fortuita, anche se le corsie di marcia erano spesso triplicate da automobilisti che fanno una regola il fatto di non rispettare alcuna regola stradale. Una realtà accettata da tutti i napoletani e da chi conosce i napoletani; io ho dovuto farci l'abitudine in fretta.
I continui cambi di corsia, ogni tipo di mezzo che ti taglia la strada e nessuna "clacsonata" (cit. Amici miei).... Si, qualche suono si sente, ma solo quando gli autisti in fila al semaforo non reagiscono tempestivamente al segnale verde o quando si fermano troppo presto dopo che è già scattato il rosso.

Altro luogo comune è stato quello dei lavavetri. Ne ho infilati ben 3 prima di convincermi ad applicare l'antidoto anti-lavavetri che usano a Napoli: azionare i tergicristalli prima che lo scugnizzo di turno si sia buttato con sapone e spugna a strofinare il parabrezza. Diversamente neanche sentono le tue rimostranze.

Girare per il centro è molto piacevole, e le vie più "alla moda" brulicano di negozi di ogni tipo. Non mancano le mitiche ricevitorie del lotto, una volta tempio dei giocatori di numeri finché non è stata data la licenza pure alle tabaccherie. Qui a Napoli dicono che i giocatori siano numerosissimi, ma le ricevitorie non erano mai affollate a nessuna ora del giorno... un mito sfatato?!







I procacciatori di clienti sulla porta dei ristoranti fanno, come in ogni parte del mondo, il loro lavoro; ma non mi sono sembrati più fastidiosi che altrove.

Via Toledo ed i vicoli che tagliano verso il centro si riempiono di gente soprattutto nelle ore del passeggio e le strade ed i muri dei palazzi riflettono il modo che ha quest'umanità tutta italiana di vivere la propria città. Non posso dire di aver visto dello sporco, ma una città usurata che i napoletani usano per il loro piacere di viverla.
Ed il vero centro di Napoli è quello che da via Toledo punta verso Ovest, negli stretti e bui vicoli che salgono a castel Sant'Elmo si "nascondono" i quartieri Spagnoli. In pochi salgono fin lassù, tra cui pochi turisti



Il resto della città è punteggiato di dettagli.



Spaccanapoli, poi. Il nome deriva proprio dal fatto che spacca in due la città; Spaccanapoli (Via B.Croce), via dei Tribunali e Via San Biagio dei Librai erano le vie principali dell'antico decumano della Napoli-romana.
Proprio intorno a queste vie si ritrova la città più viva, con i napoletani preziosi padroni di casa e scie di turisti a sbirciare tra chiese, siti archeologici e negozi.


Preziosa la cappella di San Severo, subito a nord di Spaccanapoli. Questa cappella custodisce una delle statue più sorprendenti che si possono ammirare in tutto il mondo.
Raimondo di Sangro "...è stato un esoterista, inventore, anatomista, militare, alchimista, massone, letterato ed accademico italiano."
Commissionò “una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua”. L'artista designato morì dopo aver realizzato un bozzetto in terracotta e per la realizzazione venne incaricato un giovane artista napoletano all'epoca quasi sconosciuto: Giuseppe Sanmartino.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti da oltre 250 anni. Il velo che funge da sudario sembra trasparente, tanto i dettagli escono reali da questo "blocco di marmo". Ritrovarsi ad osservare quest'opera d'arte è incredibile, non sembra scolpita nella pietra. Ci si scopre, quasi per necessità, a parlare sottovoce (anche se è obbligatorio) e a respirare piano perché temi che il velo possa alzarsi...

Il Duomo di Napoli
L'imponente Duomo fu costruito per volere di Carlo I d'Angiò verso la fine del '200 incorporando edifici preesistenti.
L'enorme navata centrale è arricchita da un soffitto a cassettoni estremamente decorato, ma le vere "perle" nascoste (neanche troppo nel duomo) trovano posto ai due lati.


Sulla navata sinistra, infatti, si apre la basilica paleocristiana di Santa Restituta, notevolmente rimaneggiata alla fine del '600. Proprio in questa basilica è conservato il più antico battistero dell'occidente con una serie di mosaici che risalgono allo stesso periodo.





Sulla navata destra, all'inizio del '600, fu edificata la Cappella del Tesoro di San Gennaro. Questa splendida cappella venne realizzata per ringraziare il santo per la fine dell'epidemia di peste del 1527.
Degni di nota sono il reliquiario del santo, capolavoro di oreficeria gotica, e  la cupola affrescata con "il Paradiso".


Palazzo Reale
Scalone d'onore
La costruzione di questo sontuoso palazzo fu iniziata nel 1600 per ospitare la corte di uno dei regni più importanti del Mediterraneo. E le dimensioni ne sono a testimonianza.

La costruzione fu ultimata solo a metà del 1800, e tra le sue mura si succedettero tre diversi imperi: dapprima i Borboni che vi regnarono per 150 anni, dominio interrotto per un decennio all'inizio del XIX secolo dal dominio francese di Giuseppe Bonaparte e, dopo l'unità d'Italia divenne dominio dei Savoia. Nel 1919 Vittorio Emanuele III lo cedette al demanio statale e da allora è adibito principalmente a polo museale.

Le sale, in effetti, trasudano la grandiosità di un impero esotico come quello spagnolo. Le decorazioni sfarzose si susseguono di sala in sala, diverse le une dalle altre e per questo sempre uguali.

All'interno del palazzo, nel 1769, fu ricavato un teatro; creato ed inaugurato per le nozze di Maria Carolina d'Asburgo con Ferdinando IV. La bellissima struttura del teatro è stata ornata con 12 statue... di cartapesta!










Piazza del Plebiscito
 
Solo nel 1808 si decise di sistemare l'ampia piazza antistante al palazzo e fu per mano di Gioacchino Murat, cognato di Giuseppe Bonaparte, che il "Largo di Palazzo (questo il nome originario) iniziò ad  assumere l'aspetto attuale; la maestosa opera fu completata solo successivamente visto che nel 1815 rientrarono a Napoli i Borboni. Ferdinando di Borbone portò a termine l'opera mantenendo l'enorme colonnato dorico, ma al centro fece costruire una basilica reale ad imitazione del Pantheon di Roma; la grandiosa basilica fu dedicata a San Francesco di Paola.


<<Nonostante la grande dimensione dell'interno, la ricca decorazione dei marmi, gli stucchi, le ghirlande, il tutto produce un effetto non tanto di rigore neoclassico quanto un senso di mancata armonia tra l'uomo e l'ambiente, una freddezza cimiteriale a confronto con l'esterno.>> Renato Di Fusco - Storico dell'architettura.





Il "maschio Angioino", Castel Nuovo
La fortezza, simbolo della città, in realtà non è che mi abbia impressionato più di tanto.
La struttura odierna è una costruzione del 1450, edificata in rifacimento del vecchio castello duecentesco, per l'occasione venne inglobato nella struttura l'imponente arco di trionfo da cui si accede al castello. Notevole il contrasto tra il marmo bianco dell'arco e le torri di difesa in pietra lavica scura.

Dal cortile interno si accede alla sala dei Baroni, vero capolavoro del castello e, oggi, sede del consiglio comunale.




Il museo Archeologico di Napoli merita una una visita accurata, poiché é un vero e proprio pozzo di tesori.

"Ma Napoli ha anche il suo Museo Nazionale. Mi ci rifugio per vedere quanto a Pompei non ho trovato, o solo a frammenti: i mosaici e le pitture che conoscevo solo da riproduzioni volenterose, ma a cui mancava quella preziosa dimensione che la deliberata irregolarità conferisce, o l'asperità della parete dipinta, che le mani non devono toccare, ma che accarezzano gli occhi. E un gran tesoro di scultura: alcuni originali greci, seppure pochi, tante statue romane o ellenistiche, figure che basterebbero da sole a popolare un'altra civiltà, una Pompei resuscitata, una Napoli pacifica. Uscendo dalla città, mi sono perso: era inevitabile." J.S.
























I reperti che custodisce sono indubbiamente eccezionali, in gran parte derivano dagli scavi di Pompei ed Ercolano ed il loro valore, soprattutto dal punto di vista della suggestione, è enorme.
La collezione principale è la collezione Farnese, con statue e reperti provenienti da Roma e dintorni; nel 1600 Carlo III di Borbone fece restaurare un palazzo cinquecentesco incompiuto proprio per esporre i sui tesori, che tutt'ora compongono una delle sezioni più rinomate del museo.

Mosaici dai colori vivi e dai soggetti più vari sono riuniti in sale dedicate. Grandioso il mosaico ritrovato nella casa del Fauno a Pompei che ritrae la battaglia di Isso combattuta da Alessandro Magno contro Dario III di Persia. Il mosaico è conosciuto anche come "il mosaico di Alessandro" perché uno dei volti "disegnati" è proprio quello del grande condottiero Macedone che qui in questo mosaico ci lascia uno dei suoi ritratti più celebri.

Bassorilievo in travertino con
fallo portafortuna e la scritta
"Hic habitat felicitas"
Un'intera ala del museo è riservata ai reperti "vietati ai minori", dove quadri, statue e anche semplici utensili, fanno chiaro ed esplicito riferimento al sesso.

Una precisazione in questo ambito è doverosa: fino a qualche anno fa si riteneva che la civiltà romana fosse ossessionata dal sesso. Questa convinzione era dovuta al fatto che nei siti archeologici,  durante gli scavi, venivano ritrovati oggetti fallici disseminati ovunque. Addirittura bassorilievi a forma fallica erano appesi all'esterno di negozi, a Pompei ne è stato ritrovato un bassorilievo in marmo proprio sulla facciata di un fornaio.

La fama di pervertiti ha ammantato ingiustamente questa civiltà finché degli studi approfonditi hanno fatto luce su questo ingiurioso malinteso. Il simbolo fallico non era che un porta fortuna, un augurio di prosperità e per dei buoni affari; proprio per questo il fornaio lo aveva appeso fuori dal suo negozio.
I falli in bronzo ritrovati nelle abitazioni, ai quali erano appesi anche dei sonagli, avevano lo stesso scopo. Gli ospiti (uomini e donne) che entravano in quella casa avevano l'obbligo di toccare i gioielli come augurio di prosperità alla famiglia che li aveva ospitati.


Anche le statue con falli enormi ritrovate durante gli scavi auguravano fertilità e felicità alle donne che occupavano la casa.



Ma la vera perla di questo museo è la "Sala della Meridiana"; all'interno del palazzo cinquecentesco che ospita il museo, edificato da Carlo III di Borbone per ospitare la collezione Farnese, è stato allestito con una specie di percorso che espone affreschi, vasi, statue ritrovate tra Pompei ed Ercolano in una cornice fatta di luci. L'illuminazione fa risaltare opere di bellezza sconvolgente, tanto che man mano che si procede nella scoperta dei reperti ci si accorge di trattenere il fiato. Ogni nicchia, ogni fascio di luce, ogni vetrina regalano scoperte che lasciano senza parole. L'arte dell'antica Roma racchiusa in una sala.


Per salutare questa città controversa ed energicamente viva, mi piace chiudere con un dipinto che mi ha colpito particolarmente: il titolo è: "Innanzi al bello la ferocia è spenta". E' curiosa l'immagine dei soldati che, dimentichi del loro cruento lavoro, si chinano e abbandonano "la ferocia" per osservare incuriositi l'opera di un pittore. Innanzi al bello la ferocia è spenta!
 



Ercolano
Le origini di Ercolano sono tre diverse storie da raccontare:
La prima, quella mitologica, secondo cui venne fondata da Ercole di ritorno dall'Iberia (la Spagna) dove aveva affrontato la decima delle sue famose fatiche. Approdato su queste coste fondò Heràkleion per i greci o Herculanum per i latini.
La seconda storia è quella che "reale", o che è stata ricostruita in base a degli studi: Ercolano ebbe origine greca e venne in seguito conquistata dai Sanniti. Verso il III secolo prima di Cristo, viene annoverata fra quelle città che lottarono strenuamente contro Roma, alla quale cedettero nell'89 a.C. 
Con  l'annessione a Roma, Ercolano crebbe fino a diventare un fiorente centro commerciale. Tuttavia, al contrario di Pompei, questa non era la caratteristica più spiccata di Ercolano.



La posizione favorevole sulle pendici del Vesuvio e affacciata sul mare la fece un rinomato luogo di villeggiatura per le famiglie patrizie, che vi costruirono sontuose dimore.
La terza origine è stata del tutto fortuita. Tra il 1709 e il 1710 il Duca olandese d'Elbeuf decise di stabilirsi nel paese di Rasina, all'ombra del Vesuvio proprio in riva al mare. Dopo aver acquistato la sua casa fece scavare un pozzo per risolvere il problema della penuria d'acqua che c'era nella zona. Scavando a forza di braccia nella pietra vulcanica scura, invece che l'acqua, venne alla luce un pezzo di bianchissimo marmo.
Lo scavo del pozzo era finito proprio in corrispondenza del teatro dell'ormai dimenticata Ercolano, uno dei "bacini" più ricchi di statue e marmi della cittadina scomparsa.
Questo, però, non fece iniziare le campagne di scavo, non fece sì che gli ingenti reperti venissero riportati alla luce per il bene dell'umanità, ma il nobiluomo se ne appropriò dandoli in regalo ai suoi potenti amici di mezza europa. Ed ora gli splendidi reperti (quelli tornati all'attenzione del pubblico) possono essere ammirati in diversi musei in giro per il mondo.


Oggi gli scavi di Ercolano si presentano come un'immensa fetta di torta Saker (i sedimenti  vulcanici che ricoprirono Ercolano -cenere e lapilli- sono scurissimi) scavata sotto la città "moderna". Vista dalla passerella d'accesso si ha proprio l'impressione che sia stato tolto un grosso parallelepipedo di terra e ne sia scaturita una città non troppo diversa da quella che sta sopra.
E qui sta la magia, camminare per le strade romane fa rivivere una storia vecchia millenni ma attualissima. 
La vita in un villaggio di epoca romana che improvvisamente è stato svuotato dei suoi abitanti vestiti di tuniche e stole e sostituito da turisti curiosi che allungano il collo alla loro ricerca.
Ma dove sono finiti tutti gli abitanti?
Almeno 300 persone sono accalcate nella parte più bassa della città, a cui si accede con uno stretto e buio cunicolo.
Duemila anni fa, fino all'eruzione, questa era la spiaggia di Ercolano e le strutture del porto hanno offerto l'ultimo rifugio a questi sventurati. 
Probabilmente durante gli ultimi anni prima dell'eruzione i terremoti erano stati costanti e la popolazione sapeva bene che i "fornici" rappresentavano un rifugio solido. Erano quindi soliti rifugiarvisi per trovare riparo. Inoltre fornivano un tetto dalla costante pioggia di ceneri incandescenti.
Ma i 300 corpi ritrovati in queste sale hanno una particolarità: sono solo 300/350 persone quando Ercolano ne ospitava almeno 4.000. Dove sono finiti gli altri abitanti?
Perché tra questi corpi quasi nessuno ha con sé le proprie ricchezze? E' normale pensare che, tra il minimo indispensabile per la fuga in molti abbiano pensato di prendere le cose di valore che possedevano.
La risposta potrebbe essere che questi erano gli ultimi rimasti da salvare di un popolo in fuga. Gli "ultimi", appunto. Gli schiavi che non possedevano nulla e che aspettassero in spiaggia una barca che li avrebbe salvati.

La Costiera Amalfitana
<<E adesso mi riposo a Positano, su questa costa di Salerno che ho ribattezzato "beata" prima di sapere che la pubblicità turistica ufficiale la definiva la "divina costiera". Abbiamo ragione entrambi: questa pace è divina e beata.>> J.S.




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