Sicilia

La Sicilia
"La più bella regione d'Italia: un'orgia di colori, di profumi, di luci, una grande goduria"

"E' in Sicilia che si trova la chiave di tutto. La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l'unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra... chi li ha visti una sola volta li possederà per tutta la vita."

Sebbene la Sicilia sia sempre stata una delle regioni italiche che più mi sarebbe interessato vedere, non avevo mai preso seriamente in considerazione l'idea di dedicargli del tempo. Solo perché sono esterofilo e tutto quello che mi sta vicino non mi interessa gran che.
E' capitata l'occasione ed ho provato. Ho programmato un viaggio tranquillo dove volevo essere semplicemente il "fardello" che la mia famiglia avrebbe dovuto accompagnare in questo tour della Sicilia. Mi sarei limitato a fare l'autista.

Scettico come i veri rompiscatole possono essere, avevo messo solo pochi paletti. Alcuni luoghi che avrei voluto vedere assolutamente. Il resto.... a discrezione dei miei compagni di viaggio...

Le 3 piaghe della Sicilia:

In questo racconto mi piacerebbe passare subito alle conclusioni visto che alcuni aspetti di questa terra che mi hanno veramente sorpreso. Inizio con lo sfatare 3 miti che lo "zio" di johnny stecchino portava ad esempio per descrivere la Sicilia: le tre "piaghe":

L'ETNA

La prima "piaga" è rappresentata dall'Etna. Definito anche il "gigante buono" per le ricchezze che dona a questa terra nonostante le eruzioni che, a turno, prendono di mira questo o quel versante. L'Etna è una presenza imponente che, da ovunque la si guardi in un raggio di decine di chilometri, incute rispetto e soggezione.

I versanti fertili sono la prova che questo gigante è una ricchezza inestimabile per la regione e immagino che, chi vive nei dintorni, lo consideri molto di più che una presenza scomoda. Mito SFATATO!


LA SICCITÀ

Il secondo mito da sfatare, la seconda piaga, è la siccità. La terra in Sicilia in estate brucia, ma per quanto mi riguarda siamo stati molto fortunati: un' estate che ha raggiunto i 35°C e zone in cui sembrava che la siccità, almeno per quest'anno, non avesse creato grossi problemi. Mito SFATATO!




IL TRAFFICO
La terza e più importante piaga, che dipende dall'uomo, cioè il traffico, sono riuscito ad evitarlo con orari accorti e visitando zone relativamente poco trafficate. C'è da dire, però, che benché i siciliani con cui ho avuto a che fare si sono sempre rivelati persone speciali, quando sono sulla strada diventano dei barbari, in cui il rispetto per gli altri e la pazienza sono degli optional sconosciuti. Auto che si infilano in ogni spazio disponibile, auto parcheggiate senza il minimo rispetto di segnaletica o strisce orizzontali.... insomma... la questione "traffico" è DA RIVEDERE!



La Sicilia, la terra più contesa.
Un viaggio in Sicilia è andare alla scoperta delle pietre incastonate su un territorio a cui la Natura ha donato tutto. Prima di tutto la posizione al centro del Mediterraneo che, per millenni, è stato il crocevia delle culture più importanti che l'umanità abbia mai conosciuto. L'Etna, poi: il vulcano più alto d'Europa; nonostante le frequenti eruzioni, questo costituisce una vera e propria risorsa dell'isola.
Le enormi contraddizioni di cui la Sicilia è portatrice, sono state da sempre la sua forza. Un'isola in cui prevalgono i contrasti, il bianco delle spiagge caraibiche e il nero della lava dei vulcani. Ma anche l'azzurro del cielo e il rosa delle saline di Trapani. Il verde dei campi coltivati ed il giallo ocra della pietra con cui si è da sempre costruito.
La Sicilia è migliaia di isole, almeno tante quante sono i resoconti dei viaggiatori che la visitarono almeno a partire dal XVIII  secolo. Ma "guardare" la Sicilia senza utilizzare la lente della storia la riduce ad un mucchio di città, siti o monumenti pregevoli racchiusi quasi per caso su una terra circondata dal mare.



Se il Mediterraneo è considerato la culla delle civiltà, da quella egizia a quella romana, da quella greca a quella islamica, il luogo dove si sono dati frequentemente appuntamento per scontrarsi è probabilmente la Sicilia, la terra dove queste tracce si possono riconoscere e percorrere.
Di seguito un tedioso elenco di date, unico scopo è quello di far capire con che turbolento passato l'isola ed i suoi abitanti ebbero a che fare. Solo così se ne può capire il fascino, la complessità, ma anche i problemi con cui l'isola ha sempre convissuto. Un "viaggio" senza eguali:
XIII - V sec. a.C: L'isola è abitata da popoli diversi: i Sicani (di origine iberica), gli Elimi (esuli probabilmente liguri e addirittura troiani) e Siculi di provenienza italica.
VIII - 241 a.C.: Fenici e Cartaginesi
735 - 212 a.C.: Greci. Avamposti commerciali e militari nella Sicilia orientale (Naxos, Siracusa, Catania e Gela).
241 a.C. - 440 d.C.: Roma. I romani sconfiggono Cartagine e fanno della Sicila il granaio di Roma.
440 - 493 d.C.: Sicilia vandala.
493 - 554 d.C.: Sicilia ostrogota. Teodorico il Grande governa la Sicilia da viceré, rispondendo all' imperatore di Costantinopoli.
535 - 963 d.C.: Sicilia Bizantina. Per oltre quattro secoli l'isola, come il resto d'Italia, è annessa all'Impero romano d'Oriente. Per alcuni anni Siracusa ne sarà la capitale.
827 - 1091 d.C.: Sicilia islamica. Dopo lo sbarco a Mazara del Vallo la conquista dell'isola è progressiva. Solo Catania non sarà conquistata. La Sicilia vive un periodo di grande crescita economica con l'introduzione di innovazioni nell'agricoltura, lo sviluppo delle arti e dell'architettura.
1061 - 1198 d.C.: Sicilia normanna. Viene importato il culto cristiano latino. La Sicilia, con Ruggero II, domina nel Mediterraneo.
1194 - 1266 d.C.: Sicilia sveva. In questo periodo avviene la cacciata definitiva dei mussulmani. Federico II di Svevia lascerà una traccia indelebile nell'isola, in Italia e nel Mediterraneo.
1266 - 1282 d.C.: Sicilia angioina. L'isola viene assegnata dal Papa (che la ritiene patrimonio della chiesa) a Carlo d'Angiò, fratello di Luigi IX. Inizia la francesizzazione forzata dell'isola.
1282 d.C.: Vespri siciliani. Violenti moti, appoggiati  dal governo spagnolo di Aragnona, costringono il re ad abbandonare la Sicilia.
1282 - 1516 d.C.: Sicilia Aragonese.
1516 - 1713 d.C.: Sicilia Spagnola. Dopo l'unificazione della corona Castigliana e Aragonese la Sicilia viene incorporata nella corona spagnola. La nobiltà locale prende a modello quella di Madrid. Sull'isola si incomincia a produrre seta, canna da zucchero e si sviluppa l'industria delle tonnare, ma anche la coltivazione di agrumi e l'estrazione dello zolfo.
1713 - 1720 d.C.: Sicilia piemontese. Dopo la dominazione spagnola la Sicilia viene assegnata ai Savoia.
1718 - 1734 d.C.: Sicilia austriaca. Inizia la lotta alla corruzione sull'isola.
1734 - 1860 d.C.: Sicilia borbonica. La Sicilia torna spagnola, ma il periodo napoleonico, la presenza militare inglese e la restaurazione dopo il congresso di Vienna innescano moti indipendentisti.
11 maggio 1860: La spedizione dei Mille, guidata da Giuseppe Garibaldi, sbarca a Marsala.


La Sicilia antica. Dal età del Bronzo al 440 d.C.
Per andare alla scoperta dei siti archeologici della Sicilia antica non potevamo prescindere da 5 luoghi fondamentali; il lato positivo è costituito dal fatto che la maggior parte di questi siti è facilmente raggiungibile da località balneari. In questo modo si può combinare alcune ore di visita con mezza giornata di relax.
Alcuni di questi siti archeologici sono Patrimonio mondiale dell'Umanità per cui, visto che possono avere un richiamo notevole di turisti, è consigliabile programmare la visita all'apertura dei cancelli o vicino all'orario di chiusura.

Le popolazioni che abitavano la Sicilia già dal XIII secolo prima di Cristo costituivano un panorama eterogeneo di civiltà che affondava le origini nella tarda età del Bronzo. Il primo vero periodo di prosperità venne vissuto dalla Sicilia quando le prime colonie greche iniziarono ad espandersi. I fiorenti commerci fecero sì che questa "nuova" parte di Grecia divenisse ricca quanto, se non oltre, la patria di origine.
Quando l'isola passò sotto l'impero romano ne divenne il granaio e visse un periodo di relativa calma, fino almeno al 440 a.C. quando l'isola venne invasa e depredata a più riprese da popolazioni vandaliche provenienti dal nord Africa.

Ecco dove si possono trovare le testimonianze di quest'epoca:

Selinunte.


Nella Sicilia orientale, sulla costa sud, si trova lo spettacolare sito archeologico di Selinunte.
Fondata dai Greci nel 628 a.C. ne costituiva anche la colonia più ad oriente. Un tempo era una delle città più ricche e potenti del mondo e la sua alleanza con Cartagine le permisero di prosperare con scambi commerciali che rifornivano gran parte delle colonie dell'isola. Dopo la sconfitta dei Cartaginesi nelle guerre contro Siracusa del 480 a.C., Selinunte cerca un potente alleato commerciale proprio in Siracusa. Questo la espone a continue dispute territoriali con Segesta, città degli Elimi posta poco più a nord.

Tale rivalità terminò nel 409 a.C quando Segesta, alleata con Cartagine, pose Selinunte in stato d'assedio e ridusse gli abitanti in schiavitù.
Riconquistata l'anno seguente da Siracusa, Selinunte tornò a risorgere dalle proprie ceneri fino a quando, nel 250a.C., venne conquistata da Roma.






Il sito archeologico di Selinunte sorge in posizione spettacolare su una scogliera a picco sul mare. Proprio per questo abbiamo programmato la visita nel tardo pomeriggio, dopo aver passato gran parte del giorno in spiaggia.

Dalla biglietteria è possibile visitare subito la zona dei templi orientali tra cui spicca il tempio "E", che appare completo.Nella zona dei templi orientali trova posto anche piccolo museo che raccoglie alcuni reperti ritrovati nel sito.
Dai templi orientali, guardando verso il mare, si scorgono le colonne erette dei templi posti nell'acropoli. Per raggiungere la seconda parte del sito si può procedere a piedi o in macchina, il parcheggio è proprio fuori le mura dell'acropoli.
Il tempio "G", sebbene se ne vedano solo le rovine, è uno dei più grandi luoghi di culto del mondo greco.

Segesta.


La rivale di Selinunte, come detto, era Segesta. Sorge a pochi chilometri da Palermo, nei pressi di Alcamo, ed era una prospera città degli Elimi che abitavano il versante nord della Sicilia.
Dopo la vittoria su Selinunte, alleata di Siracusa, Segesta venne sottomessa a quest'ultima con un secolo di ritardo, ma oltre 10.000 Elimi vennero sterminati per far posto ai coloni greci.

Della città di Segesta non rimane molto, ma un tempio in ottimo stato di conservazione ed un teatro in un ambiente naturale spettacolare rendono Segesta un'attrattiva spettacolare.
Per arrivare al sito bisogna parcheggiare in un'area attrezzata poco fuori l'autostrada che da Palermo a Trapani. Un autobus, il cui biglietto è compreso nel prezzo del parcheggio, conduce alla biglietteria del sito. Subito dietro la biglietteria sorge il tempio dorico ed un autobus fa spola con la parte alta di Segesta, fino al teatro sulla collina. Sedersi sugli spalti ed ammirare le selvagge ed isolate colline che circondano il sito ripagano delle fatiche di un'assolata giornata di agosto.

Akragas. La Valle dei Templi.
“Mai in tutta la vita ci fu dato godere una così splendida visione di primavera come quella di stamattina al levar del sole…[...] Verso l’estremità meridionale di questo altipiano verdeggiante e fiorito si vede elevarsi il tempio della Concordia, mentre ad oriente stanno i pochi dall’alto, ma l’occhio digrada rapido verso la pianura ruderi del tempio di Giunone; le rovine d’altri edifizi sacri, tutti in linea retta con i precedenti, non sono visibili costiera a sud, che per un’altra mezz’ora di strada si stende fino alla riva del mare”.
La Valle dei Templi è uno dei siti archeologici siciliani cui è stato assegnato il riconoscimento di Patrimonio mondiale dell'Umanità da parte dell'UNESCO. Ciò ne faceva uno dei siti la cui visita era imprescindibile, ma dalle informazioni raccolte sapevamo che l'ombra non era il tratto predominante dell'ambiente circostante. E' stato dunque necessario programmare la visita in ogni dettaglio: scorte d'acqua e cappelli in testa, scarpe comode e sveglia alle prime luci dell'alba!


Akragas era la 4° città più grande del mondo conosciuto e, ad oggi, è il sito archeologico con i templi dorici meglio conservati al di fuori della Grecia: il Tempio della Concordia ne è l'esempio migliore!
Costruito nel 430 a.C., è arrivato praticamente intatto fino ai nostri giorni solo grazie al fatto che nel VI sec.d.C. venne convertito in chiesa cristiana e consolidato per resistere ai terremoti che periodicamente flagellano la zona.

Altro tempio rilevante nel sito di Akragas è quello dedicato a Giove, nella parte occidentale dell'area archeologica. I 112 metri di lunghezza, 56 metri di larghezza e le colonne alte fino a 20 metri ne avrebbero fatto il più grande tempio dorico dell'antichità. Purtroppo la costruzione fu interrotta a seguito del saccheggio cartaginese di Akragas, avvenuto nel 406 a.C.
Nel sito del tempio ormai in rovina, distrutto definitivamente da un terremoto nel medioevo, è possibile vedere la figura di un Telamone. SI pensa che i telamoni raffigurassero i cartaginesi sconfitti pochi anni prima e la loro particolare posa, a sorreggere le trabeazioni del tempio, ne denotavano la sottomissione.

Sebbene il biglietto sia da pagare a parte, vale la pena visitare anche il giardino della Kolymbetra. Per raggiungerlo bisogna scendere una ripida discesa, ma la fatica, soprattutto in agosto, può costituire una pausa rinfrescante sotto le ombre di ulivi e piante da agrumi.
In questa fenditura naturale della collina su cui sorgeva Akragas, formava una naturale risorsa d'acqua; questa ricchezza forniva alla città le risorse necessarie per resistere anche a lunghi assedi.


Attraversando le antiche mura di Akragas tra il tempio di Giove ed il Tempio di Ercole (porta IV) si arriva al museo archeologico di Agrigento.
Il museo, di per sé, è una visita imprescindibile che va a completare quella del sito archeologico della Valle dei Templi. All'interno sono raccolti i reperti della quotidianità che la popolazione utilizzava in questa fiorente città della Magna Grecia: vasellame tipico della regione, dei telamoni recuperati dal tempio di Zeus, statue...



Ma la cosa più interessante da vedere, a mio avviso, sono gli scavi del EKKLESIASTERION, subito prima dell'ingresso del museo. L'Ekklesia era un'assemblea di cittadini che si riuniva in questa struttura circolare, all'evenienza, sembra, ricoperta con dei teli per riparare i partecipanti dal sole o dalla pioggia. La struttura, un a serie degradante di palchi di forma circolare, poteva contenere fino a 3000 persone!

Dopo la destituzione dell'ultimo tiranno gli abitanti di Akragas si diedero un governo democratico; il concetto antico di democrazia era molto distante dal concetto che ne abbiamo noi oggi. Un governo democratico era, in definitiva, alternativo e più libero rispetto ad una monarchia o alla tirannia, ma ben lontano dalla democrazia moderna.

 Parco archeologico della Neapolis. Siracusa.
Per proseguire il cammino tra le città che popolavano la Sicilia antica non potevamo non fare un salto al sito di Neapolis. L'attrazione più forte è senz'altro per lo spettacolare teatro greco scolpito nella bianca roccia calcarea della collina. Il teatro poteva contenere fino a 16.000 persone ed era il più grande della Magna Grecia. La struttura, a distanza di 2.500 anni, ospita ancora stagioni teatrali.


Alle spalle del teatro c'è un' ampia zona coltivata ad agrumi e ricavata nell'enorme scavo di pietra calcarea, pietra che venne utilizzata per costruire l'antica città di Siracusa. In quest'area vennero imprigionati i soldati ateniesi sconfitti nel 413 a.C. nella battaglia contro Siracusa.

Uscendo dal parco si incontra anche l'anfiteatro Romano, costruito nel II secolo, dove venivano fatti combattere gli animali feroci.
Il sito archeologico venne smantellato dagli spagnoli che utilizzarono le pietre per la fortificazione dell'isola di Ortigia.

Taormina.
Nel programma poteva mancare Taormina? Sebbene sia ormai da decenni una trappola per turisti, vale comunque la pena fare due passi per il centro storico e lasciarsi trasportare in dietro nel tempo con una visita al famoso teatro greco.
La città di Taormina sorge arroccata sullo scosceso versante roccioso che domina il mare, Taormina fu un centro prospero fin dal IV sec. a.C.


La città era stata costruita in posizione strategica per il controllo dei commerci tra le popolazioni tirreniche e il Mediterraneo orientale. Tale prosperità durò anche sotto la dominazione di Roma, ma Taormina venne quasi dimenticata con la dominazione dell'impero normanno, intorno al 1087.
La fama di questo paese tornò prepotentemente a partire dalla seconda metà del 1700 quando ricchi dell'aristocrazia europea la includevano tra le tappe principali in quello che veniva chiamato Grand Tour. Una sorta di viaggio intrapreso per affinare e arricchire il sapere attraverso le città ed i luoghi storicamente più rilevanti. Si trattava, probabilmente, degli albori del turismo di massa.
«Noi amiamo Taormina e in particolare la nostra casa. Mi piace questo luogo più di qualunque altro. Amo il mare aperto verso l’Est, al sorgere del sole. Sulla sinistra, la costa della Calabria e lo Stretto di Messina. C’è tanta pace e silenzio – la terra è piena di linfa, e mi piace quel forte elemento saraceno che caratterizza la popolazione. Sono magri e scuri e un po’ strani. Non sembra di stare in Europa. Qui l’Europa finisce: finalmente. Al di là ci sono l’Asia e l’Africa. Ci si rende conto, in qualche modo, di come le nostre origini non fossero europee, ma della Grecia asiatica – con una sfumatura di fenicio.» D.H.Lawrence
Il teatro greco, comunque, va visitato assolutamente nonostante la fatica fatta per raggiungerlo. Per arrivare in centro bisogna superare alcuni ostacoli, tra cui: trovare un parcheggio per la macchina, riuscire a salire sul minibus che collega la scoscesa periferia con il centro storico e riuscire ad acquistare il biglietto facendo la fila senza alcun riparo dal sole.
Lo spettacolo che si apre davanti agli occhi, una volta raggiunti gli spalti è però superbo. La scenografia a colonne e l'Etna sullo sfondo non possono competere con nessun'altra scenografia classica: Epidauro, Delphi, Atene, Siracusa, Segesta...


Villa romana del Casale. Piazza Armerina.

Come ultima tappa che riguarda la Sicilia Antica non potevamo farci mancare la villa del Casale a Piazza Armerina, nel centro dell'isola.

La villa è Patrimonio Mondiale dell'Umanità perché custodisce i più pregevoli mosaici pavimentali esistenti al mondo, considerati unici nel loro genere per lo stile realistico e narrativo che li caratterizza, oltre che per varietà dei soggetti e dei colori. I mosaici occupano in tutto oltre 3.500 metri quadrati!



La storia di questa residenza principesca è stata alquanto rocambolesca ed è giunta fino a noi solo grazie a un evento fortuito per noi che possiamo visitarla, ma nefasto per i proprietari di allora. Procediamo per gradi:
La villa del Casale fu costruita tra il III e il IV secolo, probabilmente sfruttando altri edifici già esistenti. La residenza faceva parte di un enorme latifondo, nei pressi della strada che collegava Catania ad Agrigento; la villa sorgeva sulle rive del fiume Gela che ne alimentava le terme, i bisogni degli abitanti e ne irrigava i campi.
La villa apparteneva probabilmente a Massimiano, co-reggente dell'Impero Romano insieme a Diocleziano. Dopo la fine dell'Impero romano venne depredata dai vandali ed abitata nuovamente dopo la riconquista dell'isola da parte dei Bizantini del 534 d.C.
Subito dopo i proprietari bizantini arrivò la dominazione dei saraceni, che continuarono ad abitarla finché non vennero sostituiti dai Normanni. La villa venne abitata fino al XII secolo quando una frana la ricoprì con oltre 10 metri di fango.

Il sito, conosciuto nei racconti tramandati oralmente come "la casa Saracena", venne scavato a partire dal 1881. La colata di fango ha conservato fino ai nostri giorni questi pavimenti di mosaico ralvando colori e disegni dalle intemperie. Un evento catastrofico che ha costituito la nostra fortuna, ma non quella degli ultimi padroni Normanni.
Gli artigiani che disegnarono i mosaici erano di origine africana, questo è stato possibile capirlo paragonando a mosaici di altri siti in Tunisia ed Algeria. Gli stessi tasselli, è stato visto, provenivano dalla zona di Cartagine, in quel periodo all'avanguardia culturale nell'Impero Romano d'Occidente.

La visita avviene mediante passerelle che permettono di rimanere sospesi a 3 metri dal pavimento, ogni stanza presenta scene che narrano storie fantastiche e vita quotidiana, miti ed eroi, con freschezza e grazia notevoli.
Feste, giochi, vendemmie: scene dinamiche e vitali, alternate a disegni geometrici che rendono l'insieme di un'eleganza memorabile.

Sala del Circo
Sala della piccola caccia
Tra i tanti mosaici, spettacolare è quello della Sala del Circo: i mosaici riproducono una corsa di bighe in un circo identificato come il Circo Massimo a Roma.


C'è poi la Sala della Piccola Caccia, con scene venatorie piene di dettagli.

Sala della grande caccia



Maestoso l'ambulacro della Grande Caccia, un corridoio lungo 60 metri in cui è rappresentata una caccia grossa con antilopi, cinghiali, pantere, leoni, struzzi, elefanti, rinoceronti: tutti vengono catturati, ingabbiati e caricati su navi dirette a Roma, dove li aspetta la polvere dell'arena.






Il mosaico più celebre, però, è relegato in una piccola stanza. Il mosaico ha come soggetto delle sensuali ragazze in biancheria intima, indossata per compiere esercizi ginnici. Le giovani donne alzano pesi, lanciano il disco, corrono, giocano a palla.

"Certo, nell'antichità si vedevano nei dipinti e nei mosaici anche scene di nudo, ma si poteva anche pensare ad una nudità divina. Mentre quei succinti costumi da bagno, portati con tanta nonchalance da un gruppo di nove ragazze, che giocano spensierate sulla spiaggia, sono davvero così reali.  Tanto da turbare, pensati nel loro contesto storico, perché quasi più erotici di un seno scoperto di Afrodite che, si sa, era davvero una Dea poco seria."



Il patrimonio arabo-normanno.


Dopo che l'ONU ha inserito “Palermo arabo-normanna" nella lista dei patrimoni UNESCO, con il doppio aggettivo ha sancito la “pace" tra due civiltà che si sono succedute e che sono state indelebilmente collegate tra di loro. Ne ha stabilito una continuità naturale nonostante la loro ideologica contrapposizione: il debito di una cultura verso quella che l'ha preceduta. 

Nel patrimonio da salvaguardare sono state inserite anche le cattedrali di Cefalù e di Monreale, anche se costruite ad oltre 100 anni dalla riconquista normanna sugli arabi. Questo perché hanno ancora una netta impronta artistica araba che nei secoli precedenti era stata tanto determinante nell'isola. Basti pensare al modello di organizzazione amministrativa, alle tecniche agricole, ai canoni urbanistico-architettonici, alla letteratura e alla lingua parlata, rimasta viva nel regno un secolo dopo la riconquista.


Di seguito riporto le immagini e un po' di storia dei luoghi che abbiamo visitato, non seguendo l'ordine cronologico con cui sono stati costruiti, ma quello con cui li abbiamo visitati.
Si tratta di tappe "classiche" in un tour della Sicilia e anche noi non potevamo ignorarle.


CEFALÙ e il duomo.



Il duomo, con le sue imponenti torri, spicca sul panorama cittadino da ogni angolazione. Fu costruito per volere di Ruggero II che ne voleva fare il Pantheon di famiglia.  L'influenza araba si nota nel soffitto a travi in legno dipinto. L'abside è decorata con mosaici a sfondo dorato dove il  Cristo Pantocratore benedicente, fulcro degli elaborati mosaici bizantini, è circondato dalla Vergine, dagli angeli, dagli apostoli, Santi e profeti. Le colonne che separano le tre navate provengono, probabilmente, dal tempio di Diana, costruito sulla rocca che sovrasta il paese.


Il bellissimo centro medievale di Cefalù, oltre al duomo, offre altri spunti per una visita più approfondita. Oltre alla bellissima spiaggia sabbiosa e il lavatoio medievale, costruito su una sorgente ed utilizzato per secoli, c'è il museo Mandralisca. Collezione privata che trova posto negli ambienti domestici dell' omonkmo conte. Tra il vasellame greco e arabo spicca lo splendido “Ritratto d'uomo" di Antonello da Messina, dipinto nel 1465. Uno dei ritratti più rappresentativi del Rinascimento italiano.


Il duomo di MONREALE.

Arroccato sulla conca d'oro, sulle colline che circondano Palermo, il duomo di Monreale è giudicato dagli storici “una delle creazioni più eccelse del medioevo". Venne fatto costruire da Guglielmo II nel 1174 per superare in grandezza suo nonno Ruggero II, a cui si devono il duomo di Cefalù e la cappella Palatina di Palermo. 


L'impianto romanico, gli stilemi bizantini dei mosaici dorati, la fantasia floreale e l'esotismo dell'arte islamica, evidenti soprattutto nel chiostro, sono i tre elementi che concorrono all'unicum di questo splendido duomo. 


Degli splendidi mosaici, che sorprendono per la vivacità dei colori, spicca l'immancabile Cristo Pantocratore, ma colpiscono in particolare le scene dell'antico testamento: l'arca di Noè in balia delle onde,  Cristo che guarisce un lebbroso, Adamo ed Eva dopo la cacciata dal Paradiso… 

Il chiostro adiacente è l'omaggio di Guglielmo II all'arte islamica, per la quale provava una profonda passione. Le eleganti arcate a sesto acuto, sostenute da snelle colonne sono un trionfo di architettura orientale.


PALERMO arabo-normanna.
La cattedrale


Tomba di Federico II
A Palermo ci sono diversi edifici che vantano l'iscrizione al patrimonio UNESCO per cui abbiamo dedicato qualche giorno da spendere per le vie della città.
Nonostante i numerosi rimaneggiamenti, la cattedrale di Palermo rappresenta l'espressione più straordinaria dello stile arabo-normanno che caratterizza il patrimonio architettonico siciliano. La costruzione iniziò nel 1184 nel luogo dove sorgeva una moschea. Dopo la prima laboriosa fase di costruzione vennero fatti lavori nei secoli successivi che non sempre migliorarono l'edificio: la facciata sud-orientale venne aggiunta tra il XIII e il XIV secolo, l'elegante portale in stile catalano venne aggiunto nel 1400 e la sgraziata cupola nel 1780.
L'interno, in stile precocemente neoclassico, ospita le tombe Reali normanne: Ruggero II e Federico II oltre a Enrico IV e Guglielmo II i cui sarcofagi sono "semplici" monumenti in porfido rosso.

Il palazzo dei Normanni e la cappella Palatina. 
Il palazzo dei Normanni venne costruito nel IX secolo, all'esterno conserva ancora tratti dell'architettura arabo-normanna. Venne ampiamente rimaneggiato nel corso dei secoli ed è recentemente diventato patrimonio mondiale dell'umanità. Il palazzo rappresenta la più antica reggia d'Europa, da sempre sede del potere palermitano. Il suo nome è dovuto al rifacimento più importante che subì per volere di Ruggero II nel 1130.

In questo periodo al palazzo venne aggiunta la cappella Palatina, destinata a diventare la principale attrazione di Palermo. Le pareti sono completamente rivestite da mosaici dorati che raffigurano scene della Bibbia. Al centro della cupola spicca l'immagine di Cristo Pantocratore con frasi dal libro di Isaia scritte in alfabeto greco. Il soffitto a cassettoni con decorazioni arabe sorprende per la raffinatezza e la complessità. La mescolanza di stili rappresenta simbolicamente il desiderio di una politica culturale e religiosa di integrazione e di tolleranza. Questa “linea politica" venne abbracciata pienamente sotto il regno di Federico II.
Il giovane sovrano preferiva la diplomazia alla violenza, e riuscì nell'impresa di trasformare una crociata in un incruento patto con il sultano per il controllo della Terrasanta. La sua lungimirante tolleranza religiosa , nel sogno di una pace universale partendo dai buoni rapporti con il mondo islamico, erano guardati con sospetto, tanto da far circolare il soprannome di “sultano battezzato".


San Cataldo e la Martorana.
Nella centralissima Palermo, stretta tra Ballarò e la Vucciria, c'è il magnifico complesso di San Cataldo e la Martorana, due chiese appiccicate una all'altra affacciate su piazza Bellini.
La costruzione è avvenuta in periodi diversi e questo si vede con un colpo d'occhio dall'esterno, ma la mescolanza di stili è affascinante.





San Cataldo, con la serie di cupole rosse e la solida forma squadrata, denuncia immediatamente una matrice arabo-normanna. L'interno, sebbene austero, è molto affascinante sebbene le decorazioni, oltre al pavimento intarsiato, sono essenzialmente in pietra. La costruzione iniziò nel 1150, ma rimase incompleta a causa della morte del committente nel 1160, il condottiero Maione di Bari, grande ammiraglio di Guglelmo I.

La vicina chiesa della Martorana, al contrario, è un tripudio di mosaici e affreschi che l'estrema luminosità mettono in risalto. Venne commissionata come moschea nel XII secolo dall'ammiraglio di Ruggero II,  Giorgio di Antiochia. Nel 1433 la chiesa fu ceduta ad un monastero di suore benedettine fondato da Elisa Martorana (da qui il nome) che fecero rielaborare l'esterno in linea con lo stile barocco dell'epoca.




In un mosaico originale è raffigurato Ruggero II nell'atto di ricevere la corona di Cristo. Si tratta dell'unico ritratto del sovrano rimasto in Sicilia.


La Zisa.
"Un tempo la pianura che circonda Palermo era un tripudio di giardini, agrumeti, parchi. La mitica Conca d'Oro. Poi l'espandersi della città, la speculazione edilizia degli anni sessanta e settanta, alcuni discutibili restauri hanno cancellato molto del fascino di architetture le cui origini affondano tra il IX e il XIII secolo. Nonostante tutto esistono ancora tracce di quei luoghi dove si banchettava, amoreggiava e si sperimentavano nuove tecniche agronomiche."
Anche la Zisa (Al-Aziza significava La Splendida) era un giardino arabo costruito all'esterno della città, spesso in una posizione panoramica e circondato da mura. L'edificio in stile arabo è un capolavoro di architettura arabo-normanna. Testimonia l'ingegno raggiunto dagli architetti arabi nello studio della climatizzazione degli ambienti.


La  sala della Fontana, posta a piano terra, è costituita da una una fontana al centro della stanza e delle nicchie laterali decorate a forma di alveare. Le due torri ai lati della fontana, grazie allo scorrere dell'acqua, avevano la finzione di distribuire aria fresca e umida su tutti i piani del palazzo.
Un sistema di canalizzazione portava l'acqua nel giardino a creare giochi e rumori rilassanti, ad irrigare le piante da frutto degli immensi spazi alberati dell'enorme giardino.



Il tardo-barocco siciliano.

Una massima, magari discutibile, invita a considerare ogni crisi come un'opportunità. Nonostante ci troviamo in piena crisi da "Covid-19", neanche possiamo immaginare la tragedia che affrontò una parte della Sicilia nel 1693.
Il 9 e l'11 gennaio di quell'anno due scosse di terremoto rasero al suolo decine di paesi, in questa tragedia morirono quasi 100.000 persone. Solo Catania perse i 2/3 della popolazione!
Alcuni paesi, tra cui Noto, vennero ricostruiti a chilometri di distanza dato che non era rimasto nulla da salvare!
La ricostruzione, affidata ad architetti dell'epoca, si è rivelata oltremodo azzeccata tanto da inserire alcuni paesi nel patrimonio protetto dall'UNESCO. Tra questi paesi spiccano Noto, Catania, Modica, Scicli e Ragusa. Lo stile con cui vennero ristrutturati o ricostruiti edifici, nuovi o esistenti, fu chiamato tardo barocco siciliano. Questo stile è costituito da un'alternanza tra le linee rette delle vie, retaggio della cultura classica greca, e le curve maliziose delle facciate.

Personalmente il barocco non è che mi appassioni chissà quanto, ma una visita a questi paesi era comunque d'obbligo.

Noto.
Il modello di ricostruzione applicato a Noto è senz'altro il più completo, tanto da aver dato un nome ad un periodo storico e stilistico. Ciò è stato reso possibile anche perché la costruzione della città è avvenuta dal nulla, in un sito differente dalla Noto antica; le maestranze incaricate si sono trovate a poter lavorare su una "lavagna pulita".












La cittadina si sviluppa su due assi ortogonali costituiti dal duomo e la chiesa del Santissimo Crocifisso e Corso Vittorio Emanuele.

Vicoli e scalinate scendono perpendicolari al corso, intervallati da scenografiche piazze e imponenti scalinate che raccordano terrazze e dislivelli.

L'intero progetto, nonostante i numerosi architetti che vi contribuirono, quasi in competizione tra loro, è stato concepito come un "insieme unitario" a realizzare una città ideale.
Proprio al centro di questo "set cinematografico" è possibile visitare il Palazzo Nicolaci di Villadorata, poco distante dalla cattedrale di San Nicolò.
Il palazzo non passa inosservato già dalla magnifica facciata del XVIII secolo, con balconi in ferro battuto sostenuti da una grande varietà di figure grottesche. L'interno, con pareti rivestite in broccato, soffitti affrescati e l'arredamento originale, rende l'idea della vita opulenta condotta dai nobili siciliani, ritratta nel romanzo Il Gattopardo.



Catania.

Dopo l'immensa devastazione dovuta al terremoto, Catania venne ricostruita cercando di salvare quel poco che era rimasto in piedi. Per la ricostruzione venne utilizzata tra la pietra nera tanto abbondante in zona, costituita dalla lava solidificata del'Etna, in contrasto con la pietra calcarea bianca.
Il colpo d'occhio è sorprendente ed oggi il "salotto buono" della città si lascia ammirare con molto piacere. L'alternanza di edifici sacri e palazzi nobiliari, cupole e colonnati, frontoni scolpiti e balconate.



"Una via sembra magicamente racchiudere le contraddizioni di Catania. L'antichissima via Croiciferi rappresenta il trionfo del Barocco: fu una brillante reazione della città al disastroso terremoto del 1693 (fece sedicimila morti su trentamila abitanti).
E' una festa di ferri battuti, di putti soavi, di geniali decorazioni. Muri e balconi raccontano la stria di tante dominazioni abbattutesi sui catanesi, ogni volta pronti a piegarsi in attesa che passasse la piena. La piena è passata, le schiene sono state rialzate, ma non è stato ancora conquistato l'equilibrio."



E' proprio questa la sensazione che ci ha lasciato Catania, una città consumata sempre in bilico tra il "vissuto" e il trasandato; viva e vivace, buia e silenziosa, in costante e precario equilibrio.
Piazza del Duomo e via Etnea sembrano uscite da un mondo che con Catania ha poco da spartire. Luminose e curate con un viavai di persone durante tutta la giornata. La fontana dell'elefante colpisce per il contrasto tra il nero elefante scolpito nella pietra lavica dell'Etna dagli antichi romani a cui è sovrapposto un bianco obelisco egizio.


Al contrario, le vie tutt'intorno, sempre in penombra durante tutte le ore del giorno, si rivelano splendidamente vissute e vive non appena il sole tramonta. Ogni angolo, ogni via si ritrova palcoscenico umano per qualche locale che, seppur non affollatissimo in agosto, regala sempre originalità e calore.



Siracusa.
Siracusa è famosa sin dall'antichità, tanto da arrivare ad offuscare, per un certo periodo, la fama e l'importanza di Atene. Più di un viaggiatore si trovò a passare di qui: tra i tanti l'apostolo Paolo, diretto verso Roma per essere giudicato, e il Caravaggio in fuga da Malta in cui era imprigionato con l'accusa di omicidio. Tutti rimasero ammaliati dal fascino di Siracusa.

Oggi la potremmo definire un museo a cielo aperto in cui si fondono testimonianze architettoniche di epoca greca, combinate con altre realizzate nei secoli successivi creando un mix di stili che con il tempo rendono uniche alcune strutture presenti oggi. Il colore dorato della pietra utilizzata, il calcare delle cave della Neapolis, dona agli stretti vicoli medievali, un uniforme e caldo colore di miele.

La ricostruzione dopo il terremoto, concretizzatasi tra il 1728 e il 1753, donò alla città un Duomo con raffinate decorazioni in stile barocco-rococò. Proprio la cattedrale, consacrata a Santa Lucia da Siracusa, è l'edificio più sorprendente nel quale mi è capitato di mettere piede in Sicilia! La ricostruzione barocca della facciata è solo l'ultima trasformazione che la cattedrale ha subito. Le origini, infatti, vengono dalla Magna Grecia: il magnifico tempio dorico era stato eretto nel V sec. a.C. in onore della dea Atene. La quasi totalità delle colonne del tempio dividono tutt'ora le tre navate del duomo e sono inglobate nelle mura esterne.
Una volta superato l'ingresso si ha la sensazione di essere proiettati indietro di 3000 anni, sembra ancora di essere nell'antico tempio greco!




Piazza del Duomo, al centro di Ortigia, è una delle piazze più belle di tutta l'isola. Si affacciano sulla piazza alcuni palazzi barocchi riccamente decorati: il palazzo Municipale, il Palazzo Arcivescovile, la Biblioteca Aragoniana e la Chiesa di Santa Lucia della Badia. Proprio in questa chiesa è custodito lo splendido dipinto di Caravaggio "Seppellimento di Santa Lucia". Il quadro fu commissionato al Caravaggio durante il suo breve soggiorno in città, era appena fuggito da Malta dopo che era stato arrestato per un omicidio che aveva compiuto qualche tempo prima in Italia.

In primo piano nella tela del Caravaggio spiccano le due figure imponenti dei becchini, uomini semplici chiamati a dover seppellire il corpo della santa, riversa al suolo esanime con un evidente taglio alla gola.
I volti degli astanti manifestano angoscia, la stessa che Caravaggio deve aver provato in quel periodo di fuga.

Ragusa - Ibla.


Stretta tra i fasti greci e bizantini di Siracusa e l'apertura ai commerci di Catania, la provincia di Ragusa è rimasta una sorta di enclave che ha permesso a questo stupefacente "museo di pietra" di arrivare fino ai giorni nostri. Allo stesso modo Ragusa ha conservato anche un "paesaggio umano" d'una Sicilia ormai scomparsa altrove.

Parlando con un mio amico che risiede a Ragusa da molti anni, era uscita fuori la realtà di questa parte di Sicilia che, li per lì, non riuscivo quasi a comprendere. Mi aveva parlato di una sorta di regione felice, questa di Ragusa, all'interno dell'isola, soffermandosi sul carattere particolarmente affabile delle persone.
Ammetto che, con qualche preconcetto, ho immaginato che la sua "oasi felice" fosse dovuta ad un fortunato inserimento in una società che pensavo diversa. La nostra esperienza in Sicilia ci aveva sempre messo difronte a persone molto socievoli e disponibili, spesso oltre ogni immaginazione, ma anni di "cattiva pubblicità" li sentivo ancora sedimentati come scorie. Testi e letture, invece, confermano questa piacevole scoperta. Ragusa viene definita la provincia "babba", ossia nient'affatto furba contro una Sicilia "sperta", scaltra. Ragusa ha goduto fama di terra prospera, di abitanti miti e di pacifici rapporti. "Una terra in cui si sono sempre spente le ondate di Cosa Nostra, altrove più attive".


Dopo il famoso terremoto del 1693 anche Ragusa subì gravissimi danni tanto che alcuni cittadini ricostruirono la città sull'altopiano che sovrastava leggermente il vecchio insediamento. La nuova Ragusa mantenne il nome di Ragusa, relegando all'antico centro urbano il nome di Ragusa inferiore, come appariva topograficamente. L'idea non piacque molto agli abitanti del centro originario che scelsero il nome di Ibla, in onore di un'antica divinità pagana venerata nella zona. Da qui il toponimo Ragusa-Ibla.

I due nuclei cittadini sono collegati da intricati vicoli a scale che passano per la chiesa di Santa Maria delle Scale.

La parte antica di Ragusa, Ibla, è caratterizzata dal miscuglio del tardo-barocco con l'impianto medievale della città originale. La basilica di San Giorgio spicca sulla parte alta della piazza. La facciata convessa si sviluppa su  tre ordini, la decorazione a colonne ed il campanile inglobato nella facciata stessa, sono i tratti distintivi del barocco di questa regione. Poco più a valle, oltre la piazza, c'è la chiesa "sorella" di San Giuseppe che impreziosisce ulteriormente la scenografia di Ibla.

Modica.
Con il centro storico arroccato sul fianco di una collina e la chiesa barocca di San Giorgio, anche Modica entra a pieno titolo nella lista del patrimonio UNESCO. A differenza di altri paesi, però, le attrazioni di Modica sono sparse per tutto il centro e bisogna camminare un po'.

La chiesa di San Giorgio, in cima a 250 scalini, domina i vicoli circostanti. Considerata il capolavoro di Gagliardi, uno degli architetti più prolifici e geniali che gestirono la ricostruzione post-terremoto, la facciata a torre assomiglia molto alle altre viste in val di Noto. Facciata convessa e colonne a decorare gli ordini su cui si sviluppa e campanile al centro dell'ultimo ordine.

La parte bassa della città è un viavai continuo di persone, turisti affannati e cittadini tranquillamente a passeggio per Corso Umberto I, la via della movida di Modica con bar, ristoranti, gelaterie e.... le immancabili cioccolaterie di Modica. Il cioccolato che si vende e produce qui è un vanto di tutta la Sicilia: "a chi lo gusta sembra di essere arrivato all'archetipo, all'assoluto, e che il cioccolato altrove prodotto - sia pure il più celebrato - ne sia l'adulterazione, la corruzione". Probabilmente c'è un pizzico di partigianeria nelle parole di un siciliano DOC, ma qualche valida pezza d'appoggio c'è. La poca raffinazione che il cioccolato subisce dall'elemento di origine al prodotto finale, lo rende un prodotto artigiano, non industriale e che conserva molte delle qualità che, in tutte le altre lavorazioni, perde inesorabilmente: da prodotto non raffinato il cacao è ricchissimo di antiossidanti.


Oratorio di San Lorenzo. Palermo.
Tanto per chiudere con il barocco e la tragedia del terremoto, che è stata l'involontaria causa della rinascita architettonica di un pezzo di Sicilia, finisco con l'oratorio di San Lorenzo a Palermo. Le decorazioni in stucco e oro sono opera di un grande maestro dell'epoca: Giacomo Serpotta. Lavorò più che altro a Palermo, ma nel periodo a cavallo del 1700 ottenne decine di incarichi che fecero decollare la sua attività.


La particolarità delle sue opere sta nel fatto che con semplice fil di ferro e stucco e una vena teatrale non indifferente, riusciva a ricreare scene realistiche e plastiche tanto da lasciare tutt'oggi stupefatti. Inoltre la particolare miscela dei componenti dello stucco (calce, sabbia filtrata, colla e polvere di marmo), ricetta tenuta gelosamente segreta, era riuscito a produrre un effetto lucido e brillante come se ogni personaggio fosse scolpito nel marmo, senza l'opacità caratteristica delle statue di gesso.

"Caravaggio 2.0"
Abbiamo scelto di visitare l'oratorio di San Lorenzo anche perché negli anni '80 fu teatro di una tragedia che non fece vittime tra gli esseri umani ma che distrusse definitivamente, si crede, un'opera d'arte di enorme valore: una Natività del Caravaggio, dipinta nel 1609. Il quadro venne rubato da due ragazzi affiliati ad una famiglia mafiosa per essere rivenduto sul mercato nero. La tela venne tagliata alla meglio dalla cornice con una lametta da barba ed arrotolata. Complice la notte piovosa di quella notte di ottobre del '69, il quadro subì danni enormi tanto che il committente, piangendo, non lo volle acquistare. Da allora del quadro si sono perse le tracce.
Nell'oratorio, oggi, c'è esposta una copia di quel quadro, con una didascalia con su scritto "Caravaggio 2.0".
Emotivamente la copia della Natività è ancora più impressionante dell'originale, proprio per il grave episodio di barbarie e malavita che ha portato alla scomparsa dell'opera originale.
Le statue del Serpotta, commissionate per abbellire l'oratorio e per "incorniciare" l'importante Natività del Caravaggio, ci osservano attoniti come splendidi e muti testimoni.


Gli ALTRI luoghi per i quali vale la pena fare una deviazione.
Di seguito vado ad elencare gli "altri" luoghi che, in base agli interessi di ognuno, possono suscitare curiosità. Si tratta di perle trovate girovagando per questa splendida isola, collegate direttamente con la sua storia. Proverò, come ho fatto per i post precedenti, a dargli una successione storica, per quanto possibile.

Marsala.
Questa cittadina sulla costa occidentale della Sicilia è famosa essenzialmente per lo sbarco di Giuseppe Garibaldi e i suoi Mille. L'11 maggio 1860 iniziò da qui una campagna militare che riconquistò il Regno delle Due Sicilie e all'unificazione d'Italia. Il monumento che celebra lo sbarco è una terrazza a forma di prua di nave, protesa verso il mare. Dei pannelli in ferro riportano i nomi dei Mille.
L'altra attrazione di questa cittadina è l'omonimo vino, dolce e liquoroso la cui storia racconterò in seguito, quando parleremo dei cibi sensazionali della Sicilia.
Pochi tra quelli che arrivano qui lo fanno per passeggiare in un centro storico che, sebbene raccolto, è ricco di sontuosi edifici barocchi e vie lastricate. L'elegante piazza della Repubblica è il salotto buono della città.


Non sono questi, però, i motivi che ci hanno portato a Marsala, ma il museo archeologico che espone una nave da guerra cartaginese, affondata al largo delle Egadi durante la prima guerra punica.
Insieme agli oggetti trovati a bordo, sono esposti i resti della nave; questi resti costituiscono l'unica prova materiale del genio navale cartaginese, una civiltà spazzata via dai romani.
Tra i pezzi trovati a bordo è esposto il cordame, tappi di sughero per le anfore, pentolame, noccioli di olive, un pugnale e persino dei rametti di cannabis sativa.
Nel parco archeologico all'esterno del museo c'è un vasto sito archeologico che comprende i resti di una villa romana del III secolo; i resti fanno parte di un'estesa insula romana.

Mazara del Vallo.

Nel 827 d.C. gli arabi sbarcarono a Mazara del Vallo, dando inizio alla conquista dell'isola. Questo fu anche l'inizio del periodo più prospero per questa cittadina, "eletta" dagli eventi ponte verso l'Africa.
Dopo l'espansione degli arabi in Sicilia, Mazara venne proclamata capitale amministrativa di una delle 3 valli in cui venne divisa la Sicilia: Val Demone nella zona nord-orientale, Val di Noto nella zona sud-orientale eVal di Mazara, che comprendeva tutta la Sicilia centro-occidentale.
I 200 anni di dominio islamico hanno lasciato importanti tracce, visibili ancora oggi nel quartiere noto come "Casbah". Strade tortuose, cortili e vicoli ciechi. Case bianche con tettoie a terrazza costruiscono un tessuto urbano arricchito da servizi in lingua araba e francese, con tanto di Muezzin a richiamare, 5 volte al giorno, i fedeli musulmani alla preghiera.
La vera integrazione tra i siciliani e gli immigrati del nord Africa avviene sui pescherecci che quotidianamente escono dal porto per continuare una delle attività più sviluppate della città: la pesca.

Proprio un peschereccio, alla fine degli anni '90, portò in superficie i resti di una statua bronzea, datata IV secolo a.C.  Un satiro che danza selvaggiamente, con la testa reclinata indietro e la forza del movimento evidente nei capelli fluenti. Il "Satiro danzante" faceva probabilmente parte di un gruppo scultoreo che rappresentava Dioniso ed il suo culto.
Dopo il lungo restauro, questa splendida statua fu ospite di diversi musei in tutto il mondo, oggi è tornata a Mazara del Vallo, esposta nella chiesa sconsacrata di Sant Egidio insieme ad altri reperti che vanno dall'epoca fenicia fino a quella medievale.

Trapani ed Erice.
Trapani è una delle poche città della Sicilia alla quale vengono riconosciuti pochi spunti di interesse e dove poche guide turistiche consigliano di "perdere del tempo" per una visita. Oggi è soprattutto conosciuta come porto di attracco per le isole Egadi e Pantelleria, ma Trapani, in passato, fu un fiorente e vivace porto strategico. Greci, Fenici, Normanni, Spagnoli, Romani ed arabi ne sfruttarono la posizione invidiabile ed il porto naturale, a forma di falce, di cui la natura l'aveva dotata.
Quello che oggi rimane è un centro storico sviluppato sulla piccola penisola che dall'entroterra si protende in mare, vicoli stretti in stile moresco e palazzi ormai decadenti disegnati sotto l'influsso del barocco siciliano.
Gli edifici che si distinguono sono la Cattedrale di San Lorenzo e la chiesa del Purgatorio. In questa chiesa sono esposti i "Misteri" di Trapani: statue lignee che rappresentano le stazioni della Via Crucis e che, durante la processione del Venerdì Santo, vengono portate a spalla in processione per le vie della città.

Una curiosità: nella cattedrale di Trapani è esposto un dipinto attribuito al Caravaggio, siamo rimasti un po' stupiti non avendo trovato nessuna informazione a riguardo. Custodire un Caravaggio sarebbe motivo di richiamo per folle di turisti, proprio come abbiamo visto altrove. Poi, guardando il quadro, ci siamo detti che, probabilmente, neanche loro sono poi così convinti di quest'attribuzione.



La montagna che sovrasta il centro di Trapani ospita un gioiello medievale per il quale vale la pena fare una piccola deviazione. Erice, in realtà, era abitata dal misterioso popolo degli Elimi che fece di questa cima scoscesa un luogo di culto in onore di Venere Ericina. Nel sacro tempio di Erice i seguaci della Dea si univano alle sacerdotesse di Venere che praticavano la prostituzione sacra. Nonostante le numerose e ripetute invasioni, il sito sacro rimase a lungo inviolato. Visto il particolare rito che vi si celebrava, è facile intuirne il motivo.



La magia di Erice è soprattutto dovuta ad uno splendido centro medievale, i cui vicoli anche in alta stagione permettono di camminare avvolti dal silenzio e dalla brezza rinfrescante proveniente dal mare che spesso soffia tra le case. Il fulcro della visita è la cattedrale costruita nel 1312 da Federico III come voto dopo essersi rifugiato ad Erice durante i Vespri siciliani del 1282.

Cretto di Burri.
Nel 1968 una forte scossa di terremoto sconvolse la Sicilia occidentale, interi paesi vennero distrutti tanto che in alcuni casi, proprio come successo con il terremoto del 1693, alcuni paesi vennero ricostruiti in luoghi  distanti dal luogo d'origine. Questo terremoto investì tutta la valle del fiume Belice, tra cui i paesi di Gibellina e Poggioreale; entrambi i paesi sono diventati un monumento in memoria del terremoto e delle centinaia di vittime che fece.


Il paese di Poggioreale venne abbandonato e i ruderi danno l'impressione del paese fantasma per antonomasia: mura grige, strade vuote. Giusto qualche cane randagio a dare un po'di vita al paese visto che l'assenza di vento non fa muovere neanche l'erba sui prati incolti. Gibellina vecchia subì la stessa sorte di Poggioreale, il nuovo paese venne costruito a pochi chilometri di distanza ma le rovine divennero un monumento vero e proprio. Per mano dell'artista Tifernate Alberto Burri, i resti della città vennero ricoperti di uno spesso strato di cemento e calce bianca. Il risultato è un labirinto abbagliante disteso sul versante di una collina. Le vie che si snodano tra i candidi blocchi di cemento ripercorrono le vie dell'antico borgo. In'opera d'arte particolare dispersa nella campagna siciliana, un sito per il quale conviene prevedere una piccola deviazione dai consueti tragitti turistici.


Mondello.
A pochi chilometri di distanza dal centro di Palermo, il paese di Mondello fa ormai parte della periferia del capoluogo. In estate la spiaggia dai colori caraibici è molto affollata a tutte le ore del giorno e anche noi la abbiamo sfruttata soprattutto a fine giornata.
Mondello, però, ha un'altra caratteristica peculiare: agli inizi del XIX secolo e una volta bonificata la palude a ridosso della spiaggia, le famiglie ricche di Palermo costruirono qui lussuose ville, le stesse ville che è possibile vedere ancora oggi dietro ad imponenti cancellate e recinzioni.
Uno specchio di inizio '900 il cui fulcro è lo stabilimento balneare in stile liberty costruito nel centro della baia proprio per far diventare Mondello la nuova riviera per l'Elite delle famiglie nobili d'Italia.


Etna.
Nel 1669 ci fu un'eruzione catastrofica che cancellò o danneggiò diversi paesi e fece migliaia di vittime. Monasteri vennero abbandonati per le continue minacce del vulcano. Solo a Catania si contarono 6.000 vittime. Ciò nonostante tutti i paesi vennero ricostruiti sullo stesso posto (tranne Mompilieri). Cosa spiega questa tenacia secolare degli abitanti dell'Etna??? "Perché l'Etna è un gigante buono e va lasciato sfogare."
Un'attrazione fatale che cresce in proporzione ai rischi; è così da sempre, sin da quando l'Etna era Adrano per gli elimi, Efesto per i greci, Vulcano per i romani. Lo stesso violento Dio aveva insegnato agli uomini a forgiare i metalli, conoscenza alla base di ogni progresso.
Inoltre la terra è fertile ed adatta a coltivazioni diverse. I vigneti danno vini Etna doc., uliveti, noccioleti, castagneti, ortaggi, fragole e miele. Tutti prodotti di altissima qualità. Ma anche pistacchio, introdotto in questa terra dagli arabi. Legna da ardere e dalla quale ricavare carbone. Neve e ghiaccio durante tutto l'anno per conservare i cibi in apposite ghiacciaie.

Ovviamente stiamo parlando di un mondo precedente ai frigoriferi. Ora la neve, però, ha cambiato destinazione d'uso: l'Etna ha la stazione sciistica più a sud d'Europa! La Sicilia continua così nell'instancabile tradizione di rinascere dalle sue ceneri.
La visita dell'Etna è un'esperienza affascinante anche senza raggiungere i crateri sommitali. E' importante, però, ricordarsi di portare un abbigliamento adeguato anche in estate perché il vento è sempre presente in quota e non fa mai caldo! Neanche in agosto! 

MARE:


Tutta la costa sud di Trinacria, quella rivolta all'Africa, è un'oasi dove trovare un po' di pace anche nei periodi di massimo affollamento. Le spiagge sono per la maggior parte sabbiose e il fondale leggermente degradante è senz'altro comodo per goderne a pieno.
Ad occidente, invece, ci sono tutte quelle spiagge con colori che rimangono impressi, ma l'accessibilità le rende tutte superaffollate.
Per quanto riguarda le strutture a disposizione nulla da obbiettare, spiagge attrezzate e cura dell'ambiente erano quasi sempre impeccabili, ma a che prezzo?

Per quanto riguarda le spiagge, quella che ci ha lasciato a bocca aperta è stata senz'altro quella di San Lorenzo, a sud della riserva naturale di Vendicari. Mare limpido, spiaggia di sabbia fine  e dorata e mare poco degradante. Splendida! Questa si al livello di molte spiagge greche!
La spiaggia, facilmente raggiungibile, è presa d'assalto da buona parte del turismo presente in zona. Molti, poi, si ritrovano a Marzamemi per un aperitivo prima di cena.
Tutta la costa è sovraffollata in agosto, proprio a causa del fatto che spiagge e paesi sono facilmente raggiungibili. Non ho dubbi che in bassa stagione qui possa essere un paradiso.

Vorrei spendere due parole su Marzamemi, piccolo paese di pescatori riconvertito ad attrazione turistica. La piccola piazza è splendida sotto il sole calante del tramonto, i colori caldi e la leggera brezza che finamente comincia a spirare, danno un piacevole sollievo dopo giornate estive di caldo intenso. Marzamemi, però, è poco altro. Passate di qui se siete in bassa stagione, in agosto, se non volete dannarvi tra parcheggio e un posto in qualche locale non economico, accontentatevi delle fotografie che si trovano in rete.

Una spiaggia che sorprende per i colori è senz'altro quella di Mondello: sabbia fine e bianchissima, mare turchese e un fondale che degrada molto lentamente la rendono una spiaggia eccezionale.
Sfortunatamente è molto accessibile ed in estate è sempre molto affollata. La maggior parte della spiaggia di Mondello è occupata da stabilimenti privati con prezzi esorbitanti e le piccole strisce di sabbia pubblica sono prese d'assalto dalle prime ore della mattina. Noi abbiamo utilizzato questa spiaggia soprattutto a fine giornata, dopo aver finito le visite programmate tra Palermo e dintorni e non è stato facile trovare posto neanche nel tardo pomeriggio. Ce la siamo goduta veramente poco.

Bellissimo anche il mare vicino all'Isola delle Correnti, a playa Carratois. Qui le dune che proteggono la spiaggia hanno un che di esotico e l'ampia spiaggia è di certo un posto rilassante. Qui, però, abbiamo speso più che in ogni altra spiaggia siciliana senza un vero servizio se non ombrellone fatiscente e due sdraio.
La spiaggia è ampia ed il fondale degrada leggermente man mano che ci si allontana dalla battigia. Situazione potenzialmente ideale se non fosse per l'esosa richiesta di denaro.

Altra spiaggia degna di nota è quella ad Eraclea Minoa. In questo caso una folta pineta alle spalle dona un profumo tipico del mediterraneo a questa tranquilla striscia di sabbia. In agosto la spiaggia non era molto affollata, almeno fino a tarda mattina e il ristorante sulla spiaggia permette di passare una giornata intera di mare senza dover muovere quintali di materiale.

Anche la costa di Sciacca a Maragani, poco più a nord del centro cittadino, è composta da una lunga costa di sabbia rossa con poca gente anche in agosto. Non abbiamo trovato strutture attrezzate per il mare se non vicino ai paesi più importanti, ma con ombrellone e asciugamani e qualcosa da bere e mangiare, il relax è garantito per tutta la giornata.
Vorrei spendere altre due parole riguardo la zona intorno a Sciacca. Le colline coltivate, i promontori di roccia, le spiagge dolci e poco frequentate ci hanno lasciato con una piacevole sensazione. Di certo non si tratta di una zona molto rinomata dell'isola, ma ha tutte le carte in regola per trascorrere bellissime vacanze. I prezzi sono più contenuti che in altre zone della Sicilia, si mangia bene come in qualunque altro posto in Sicilia. A poca distanza ci sono luoghi di interesse quali Selinunte, Segesta, Palermo, la Valle dei Templi; ma anche Marsala e Mazara del Vallo. Sciacca in sé è una bellissima cittadina con spiccati caratteri medievali e ricca di vita.
L'unica cosa che si può obiettare a Sciacca è che la Natura non le ha donato affollatissime spiagge con colori caraibici, sabbia bianca e mare turchese, ma il mare è comunque limpido e non c'è da lottare per trovare posto in spiaggia. In definitiva Sciacca potrebbe essere una valida base per visitare tutta la Sicilia occidentale.

Benché per i patiti del commissario Montalbano la spiaggia di Punta Secca sia un "must", noi l'abbiamo trovata caotica e sovraffollata. C'è da dire che siamo arrivati qui di mattina abbastanza tardi, ma non ci è sembrata adatta per trovare un po' di tranquillità. 





Le spiagge di Sampieri e Donnalucata, invece, nonostante fossero state piene di gente, si sono rivelate una bella scoperta. Non tanto per i colori del mare, ma soprattutto perché comodamente servite da bar per spuntini, librerie lungo la spiaggia e una folla di persone per niente fastidiosa.
Queste spiagge, ho saputo, sono anche il centro della "movida" della zona e di sera si trasformano in vere e proprie discoteche all'aperto.


Come non citare la Scala dei Turchi?! Spettacolare formazione rocciosa costituita da un'alternanza tra roccia dura (calcari) e roccia tenera (marne) che, grazie all'erosione atmosferica, ha permesso la formazione di questi gradoni naturali. Il nome è dovuto alla leggenda secondo cui le navi di pirati saraceni (Turchi) in queste baie cercassero riparo dalle tempeste e risalissero la costa utilizzando questa "scalinata", compiendo razzie nelle campagne circostanti.
Se volete godervi la spettacolare scogliera con poca gente, arrivate di mattina presto, prendetevi uno spicchio di spiaggia per passare la giornata e fate una passeggiata fino a scoprire questo grandioso tesoro naturale. Ad un certo punto della mattinata arriverà talmente tanta gente da farle sembrare un  mercato, perdendo molto del fascino.

La spiaggia di Naxos è senz'altro una delle più conosciute della Sicilia perché, insieme all'Etna, fa da sfondo alle scenografie del teatro di Taormina. Qui avvenne lo sbarco dei coloni greci che diedero al luogo il nome della loro isola di provenienza: oggi il nome è stato modificato in Giardini Naxos.
La spiaggia è composta da ghiaia grossolana scura ed il fondale scende molto rapidamente tanto che le onde, nel caso di mare mosso, cadono ad un paio di metri lontano dalla battigia.
Tutta la fascia costiera è occupata da stabilimenti balneari che sparano musica ad altissimo volume durante le ore più calde della giornata e le poche strisce di spiaggia pubblica sono comunque "contaminate" dall'inquinamento acustico che proviene dai vari stabilimenti.
Il paese che sorge lungo la spiaggia offre ristoranti, negozi, edicole ed alimentari in cui poter acquistare il necessario per poter spendere un'intera giornata in spiaggia. I prezzi, mediamente, sono adeguati al tipo di turismo presente in zona: categoria "polli da spennare".

San Vito lo Capo e la riserva dello Zingaro sono tra le zone di mare più rinomate dell'isola. I motivi sono soprattutto due: per quanto riguarda San Vito lo Capo, la spiaggia su cui si affaccia il paese è una vera e propria piscina naturale. Colori di tipo caraibico con sabbia fine e bianca e acqua di colore turchese; anche qui la maggior parte della spiaggia è occupata da stabilimenti privati.
La zona a ponente della spiaggia è priva di stabilimenti. Il problema sta nel fatto che le correnti accumulano proprio su questa fascia di spiaggia i resti di Posidonia (pianta marina che denota la straordinaria pulizia dell'acqua), questi resti tendono ad accumularsi e a formare veri e propri banchi di foglie che, decomponendosi, colorano di verde l'acqua e rilasciano un intenso odore di putrefazione. Spostarsi di qualche decina di metri verso levanti da la sensazione di cambiare completamente spiaggia.
 L'ampio litorale è circondato dal paese di San Vito, con locali e ristoranti che si affacciano sulla spiaggia. Pochi, però, sono di buon livello e prezzi adeguati.

Da San Vito lo Capo inizia la parte settentrionale del sentiero che in poco più di due ore attraversa la riserva dello Zingaro. Questa zona è stata salvata in extremis dalla speculazione edilizia degli anni '80 ed ora fa parte di una riserva naturale. La riserva è possibile percorrerla a piedi da Scopello a sud fino alle porte di San Vito lo Capo, su un terreno brullo e scosceso, roccia e mare a perdita d'occhio.
Sul tracciato che attraversa la riserva si aprono piccole spiagge di ciottoli con acqua limpida, fortunatamente non ci sono strutture che permettono di sfruttare quanto la natura offre, ma è d'obbligo portarsi scorte sufficienti e riportarsi a casa i rifiuti.
L'escursione sulla zona protetta della riserva è comunque un'esperienza piacevole, alla portata di tutti poiché il percorso non è né troppo scosceso, né difficoltoso. In agosto, però, anche la Riserva dello Zingaro è stracolma di gente e, complici le temperature estive, è consigliabile affrontarla di mattina presto (attenzione agli orari di apertura, l'ingresso è regolato da una biglietteria). Attenzione anche ai cartelli di divieto di sosta, la polizia municipale riempe quotidianamente le casse del comune con chi, senza il minimo rispetto delle regole stradali, parcheggia da entrambi i lati della strada (solo da un lato è consentito il parcheggio).

Favignana.
Nel tour della Sicilia abbiamo inserito Favignana solo per tirare un po' il fiato e concederci un po' di mare, senza orari ed in massima libertà. Abbiamo optato per spostarci in bicicletta, lasciando la macchina sulla terra ferma.


Favignana in agosto è piena di turisti, soprattutto giovani che fanno vita da spiaggia e, in serata, invadono i numerosi locali del centro del paese.
Spostarsi in bicicletta a Favignana è piacevole visto che l'isola è in gran parte pianeggiante, ma come noi c'è tantissima gente in giro per le strade che collegano le spiagge più accessibili.
Prendendo però la strada per punta Sottile, verso ovest, appena superata la galleria che passa sotto la collina che divide l'isola si apre un altro mondo. Il fatto che la galleria sia in salita fa da "filtro" a tanti villeggianti che non si spingono in questa parte di isola e le spiagge, benché di spiagge ce ne siano poche, si incontra pochissima gente tanto da potersi godere l'isola anche in agosto.
Senza fare troppa strada, appena attraversata la galleria c'é cala Préveto, la scogliera che si raggiunge con il sentiero sulla costa a sinistra è un vero e proprio acquario. Ovvio, bisogna saper nuotare, ma l'acqua limpida, il fondale profondo ed un facile punto di risalita sugli scogli la rendono un lido speciale dove passare qualche ora.


Nella parte "bassa" dell'isola ci sono le spiagge sabbiose come la spiaggia di Marasolo, di Calamoni e di Lido Burrone. Facilmente accessibili e per questo molto affollate.

Procedendo verso est si incontra la scogliera di cala Azzurra e Cala Rossa. Colori splendidi, ma una marea di gente che ci ha fatto passare la voglia di scendere dalla bicicletta.

Il Cibo.
E' risaputo, la Sicilia è una terra ricchissima anche dal punto di vista gastronomico, ma chi non c'è mai stato non può capire quanto sia sensazionale ed emozionante questa scoperta!

Menzione speciale va a ciò che abbiamo mangiato qui in Sicilia. A memoria non ricordo di aver mangiato mai così bene OVUNQUE abbiamo messo piede: dal semplice chiosco trovato per caso, ai ristoranti che abbiamo trovato.
Ci siamo da subito innamorati della famosissima pasta alla Norma, prelibatezza trovata ovunque, che unisce alle melanzane la ricotta salata e il pomodoro.... Incredibile!

Palermo è una delle capitali mondiali del cibo di strada, è facile imbattersi in chioschi e bancarelle che vendono specialità difficili da trovare altrove. Immancabili le Panelle, frittelle di ceci. I panini con la milza (meusa) di vitello. Ma anche granite e dolci di pasticceria tipici di questa regione.

Siamo andati più di una volta a mangiare alla trattoria L'Angolo a Pozzallo. In questo piccolo ristorante informale abbiamo scoperto l'esistenza del Salmoriglio, condimento utilizzato per le verdure grigliate a base di olio e limone. Meglio tardi che mai.

Gli arancini! Superbi ed indicati in ogni situazione, pure se fritti, pure se fuori fa 35°C. Con queste palle di riso si stabilisce un confine invisibile dell'isola. Seppur molto simili, nella zona orientale, verso Catania, sono chiamati Arancine, nella zona di Palermo diventano Arancini. Può sembrare una differenza da poco, ma verrete corretti spesso quando vi sbaglierete a chiamarle con il giusto nome.

Eccezionali diversi ristoranti in cui abbiamo mangiato il pesce fresco, appena pescato e a prezzi molto bassi. Ci è capitato di dover aspettare per avere il menù perchè ancora non era stato scritto, il pesce era appena arrivato. Da segnalare la Trattoria La Caverna del Cico, fuori Porto palo di Capo Passero. Eccezionale!

Altro ristorante che va menzionato è la trattoria L'Arco, nella parte bassa di Modica. Penso che qualunque cosa assaggiata non sia mai stata seconda a nient'altro!
Per quanto riguarda i dolci, da segnalare le granite di Nonna Vincenza a Catania. Granite fuori dal comune!

E per ultimo.... Il Caffè siciliano. Il caffè siciliano è qualcosa che non ha paragoni con nessun caffè mai sentito finora. Detto da me, che non sono un patito di caffè, che ne ho bevuti veramente di tutti i tipi facendomeli pure piacere, mi viene da dire che questo NON SI BATTE! E temo che il segreto, come spesso accade, è nell'acqua. Sono sicuro che se avessi portato a casa del caffè siciliano non mi sarebbe piaciuto quanto quello sentito ovunque in Sicilia, per questo ho desistito dal comprarlo.

Il Marsala.
L' "invenzione" del Marsala è una storia abbastanza curiosa per la quale vale la pena spendere due righe.
Fra settecento e ottocento la Sicilia occidentale era una sorta di colonia britannica.: nel 1773 un certo Patrick Brydone visitò l'isola, all'epoca incognita in Bretagna, e tornato in patria pubblicò un libro sulla sua esperienza, libro che ebbe un enorme successo e che diede inizio ad una vera e propria migrazione. 
Molti britannici vi si stabilirono e furono talmente incisivi che, benché non numerosi come i popoli che li avevano preceduti, potrebbero essere comunque inclusi nell'elenco dei popoli che hanno colonizzato l'isola. Nello stesso periodo in cui uscì il libro, il mercante John Woodhouse capitò a Marsala per motivi commerciali, diretto a Mazara del Vallo per approvvigionamenti di merce. Capitò per caso in una taverna di Marsala e fece la piacevole scoperta di un vino forte e profumato chiamato Perpetuum. Il nome derivava dalla tecnica di conservazione ed invecchiamento utilizzata, che consisteva nel prelevare il vino da consumare dalle botti più vecchie, poste in basso ad una piramide che vedeva alla sommità le bottiglie che contenevano vino più giovane. Il vino prelevato veniva rimpiazzato con quello contenuto nelle botti immediatamente sovrapposte, così a cascata fino a rabboccare le botti più in alto con il vino nuovo.
Woodhouse, l'anno successivo, spedì in Inghilterra una sessantina di botti di Perpetuum, l'unica modifica che fece alla ricetta originale, fu aggiungere una piccola dose di alcol per stabilizzarlo e non farlo rovinare dal viaggio in mare.
Nacque così il Marsala, vino liquoroso simile allo Sherry spagnolo e al Porto Portoghese.


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