mercoledì 8 aprile 2020

Il tardo-barocco siciliano.

Una massima, magari discutibile, invita a considerare ogni crisi come un'opportunità. Nonostante ci troviamo in piena crisi da "Covid-19", neanche possiamo immaginare la tragedia che affrontò una parte della Sicilia nel 1693.
Il 9 e l'11 gennaio di quell'anno due scosse di terremoto rasero al suolo decine di paesi, in questa tragedia morirono quasi 100.000 persone. Solo Catania perse i due terzi della popolazione!
Alcuni paesi, tra cui Noto, vennero ricostruiti a chilometri di distanza dato che non era rimasto nulla da salvare!
La ricostruzione, affidata ad architetti dell'epoca, si è rivelata oltremodo azzeccata tanto da inserire alcuni paesi nel patrimonio protetto dall'UNESCO. Tra questi paesi spiccano Noto, Catania, Modica, Scicli e Ragusa. Lo stile con cui vennero ristrutturati o ricostruiti edifici, nuovi o esistenti, fu chiamato tardo barocco siciliano. Questo stile è costituito da un'alternanza tra le linee rette delle vie, retaggio della cultura classica greca, e le curve maliziose delle facciate.

Personalmente il barocco non è che mi appassioni chissà quanto, ma una visita a questi paesi era comunque d'obbligo.

Noto.
Il modello di ricostruzione applicato a Noto è senz'altro il più completo, tanto da aver dato un nome ad un periodo storico e stilistico. Ciò è stato reso possibile anche perché la costruzione della città è avvenuta dal nulla, in un sito differente dalla Noto antica; le maestranze incaricate si sono trovate a poter lavorare su una "lavagna pulita".
















La cittadina si sviluppa su due assi ortogonali costituiti dal duomo e la chiesa del Santissimo Crocifisso e Corso Vittorio Emanuele.
Vicoli e scalinate scendono perpendicolari al corso, intervallati da scenografiche piazze e imponenti scalinate che raccordano terrazze e dislivelli.
L'intero progetto, nonostante i numerosi architetti che vi contribuirono, quasi in competizione tra loro, è stato concepito come un "insieme unitario" a realizzare una città ideale.
Proprio al centro di questo "set cinematografico" è possibile visitare il Palazzo Nicolaci di Villadorata, poco distante dalla cattedrale di San Nicolò.
Il palazzo non passa inosservato già dalla magnifica facciata del XVIII secolo, con balconi in ferro battuto sostenuti da una grande varietà di figure grottesche. L'interno, con pareti rivestite in broccato, soffitti affrescati e l'arredamento originale, rende l'idea della vita opulenta condotta dai nobili siciliani, ritratta nel romanzo Il Gattopardo.



Catania.

Dopo l'immensa devastazione dovuta al terremoto, Catania venne ricostruita cercando di salvare quel poco che era rimasto in piedi. Per la ricostruzione venne utilizzata tra la pietra nera tanto abbondante in zona, costituita dalla lava solidificata del'Etna, in contrasto con la pietra calcarea bianca.
Il colpo d'occhio è sorprendente ed oggi il "salotto buono" della città si lascia ammirare con molto piacere. L'alternanza di edifici sacri e palazzi nobiliari, cupole e colonnati, frontoni scolpiti e balconate.



"Una via sembra magicamente racchiudere le contraddizioni di Catania. L'antichissima via Croiciferi rappresenta il trionfo del Barocco: fu una brillante reazione della città al disastroso terremoto del 1693 (fece sedicimila morti su trentamila abitanti).
E' una festa di ferri battuti, di putti soavi, di geniali decorazioni. Muri e balconi raccontano la stria di tante dominazioni abbattutesi sui catanesi, ogni volta pronti a piegarsi in attesa che passasse la piena. La piena è passata, le schiene sono state rialzate, ma non è stato ancora conquistato l'equilibrio."



E' proprio questa la sensazione che ci ha lasciato Catania, una città consumata sempre in bilico tra il "vissuto" e il trasandato; viva e vivace, buia e silenziosa, in costante e precario equilibrio.
Piazza del Duomo e via Etnea sembrano uscite da un mondo che con Catania ha poco da spartire. Luminose e curate con un viavai di persone durante tutta la giornata. La fontana dell'elefante colpisce per il contrasto tra il nero elefante scolpito nella pietra lavica dell'Etna dagli antichi romani a cui è sovrapposto un bianco obelisco egizio.


Al contrario, le vie tutt'intorno, sempre in penombra durante tutte le ore del giorno, si rivelano splendidamente vissute e vive non appena il sole tramonta. Ogni angolo, ogni via si ritrova palcoscenico umano per qualche locale che, seppur non affollatissimo in agosto, regala sempre originalità e calore.




Siracusa.
Siracusa è famosa sin dall'antichità, tanto da arrivare ad offuscare, per un certo periodo, la fama e l'importanza di Atene. Più di un viaggiatore si trovò a passare di qui: tra i tanti l'apostolo Paolo, diretto verso Roma per essere giudicato, e il Caravaggio in fuga da Malta in cui era imprigionato con l'accusa di omicidio. Tutti rimasero ammaliati dal fascino di Siracusa.

Oggi la potremmo definire un museo a cielo aperto in cui si fondono testimonianze architettoniche di epoca greca, combinate con altre realizzate nei secoli successivi creando un mix di stili che con il tempo rendono uniche alcune strutture presenti oggi. Il colore dorato della pietra utilizzata, il calcare delle cave della Neapolis, dona agli stretti vicoli medievali, un uniforme e caldo colore di miele.

La ricostruzione dopo il terremoto, concretizzatasi tra il 1728 e il 1753, donò alla città un Duomo con raffinate decorazioni in stile barocco-rococò. Proprio la cattedrale, consacrata a Santa Lucia da Siracusa, è l'edificio più sorprendente nel quale mi è capitato di mettere piede in Sicilia! La ricostruzione barocca della facciata è solo l'ultima trasformazione che la cattedrale ha subito. Le origini, infatti, vengono dalla Magna Grecia: il magnifico tempio dorico era stato eretto nel V sec. a.C. in onore della dea Atene. La quasi totalità delle colonne del tempio dividono tutt'ora le tre navate del duomo e sono inglobate nelle mura esterne.
Una volta superato l'ingresso si ha la sensazione di essere proiettati indietro di 3000 anni, sembra ancora di essere nell'antico tempio greco!




Piazza del Duomo, al centro di Ortigia, è una delle piazze più belle di tutta l'isola. Si affacciano sulla piazza alcuni palazzi barocchi riccamente decorati: il palazzo Municipale, il Palazzo Arcivescovile, la Biblioteca Aragoniana e la Chiesa di Santa Lucia della Badia. Proprio in questa chiesa è custodito lo splendido dipinto di Caravaggio "Seppellimento di Santa Lucia". Il quadro fu commissionato al Caravaggio durante il suo breve soggiorno in città, era appena fuggito da Malta dopo che era stato arrestato per un omicidio che aveva compiuto qualche tempo prima in Italia.

In primo piano nella tela del Caravaggio spiccano le due figure imponenti dei becchini, uomini semplici chiamati a dover seppellire il corpo della santa, riversa al suolo esanime con un evidente taglio alla gola.
I volti degli astanti manifestano angoscia, la stessa che Caravaggio deve aver provato in quel periodo di fuga.

Ragusa - Ibla.


Stretta tra i fasti greci e bizantini di Siracusa e l'apertura ai commerci di Catania, la provincia di Ragusa è rimasta una sorta di enclave che ha permesso a questo stupefacente "museo di pietra" di arrivare fino ai giorni nostri. Allo stesso modo Ragusa ha conservato anche un "paesaggio umano" d'una Sicilia ormai scomparsa altrove.

Parlando con un mio amico che risiede a Ragusa da molti anni, era uscita fuori la realtà di questa parte di Sicilia che, li per lì, non riuscivo quasi a comprendere. Mi aveva parlato di una sorta di regione felice, questa di Ragusa, all'interno dell'isola, soffermandosi sul carattere particolarmente affabile delle persone.
Ammetto che, con qualche preconcetto, ho immaginato che la sua "oasi felice" fosse dovuta ad un fortunato inserimento in una società che pensavo diversa. La nostra esperienza in Sicilia ci aveva sempre messo difronte a persone molto socievoli e disponibili, spesso oltre ogni immaginazione, ma anni di "cattiva pubblicità" li sentivo ancora sedimentati come scorie. Testi e letture, invece, confermano questa piacevole scoperta. Ragusa viene definita la provincia "babba", ossia nient'affatto furba contro una Sicilia "sperta", scaltra. Ragusa ha goduto fama di terra prospera, di abitanti miti e di pacifici rapporti. "Una terra in cui si sono sempre spente le ondate di Cosa Nostra, altrove più attive".


Dopo il famoso terremoto del 1693 anche Ragusa subì gravissimi danni tanto che alcuni cittadini ricostruirono la città sull'altopiano che sovrastava leggermente il vecchio insediamento. La nuova Ragusa mantenne il nome di Ragusa, relegando all'antico centro urbano il nome di Ragusa inferiore, come appariva topograficamente. L'idea non piacque molto agli abitanti del centro originario che scelsero il nome di Ibla, in onore di un'antica divinità pagana venerata nella zona. Da qui il toponimo Ragusa-Ibla.

I due nuclei cittadini sono collegati da intricati vicoli a scale che passano per la chiesa di Santa Maria delle Scale.

La parte antica di Ragusa, Ibla, è caratterizzata dal miscuglio del tardo-barocco con l'impianto medievale della città originale. La basilica di San Giorgio spicca sulla parte alta della piazza. La facciata convessa si sviluppa su  tre ordini, la decorazione a colonne ed il campanile inglobato nella facciata stessa, sono i tratti distintivi del barocco di questa regione. Poco più a valle, oltre la piazza, c'è la chiesa "sorella" di San Giuseppe che impreziosisce ulteriormente la scenografia di Ibla.

Modica.
Con il centro storico arroccato sul fianco di una collina e la chiesa barocca di San Giorgio, anche Modica entra a pieno titolo nella lista del patrimonio UNESCO. A differenza di altri paesi, però, le attrazioni di Modica sono sparse per tutto il centro e bisogna camminare un po'.

La chiesa di San Giorgio, in cima a 250 scalini, domina i vicoli circostanti. Considerata il capolavoro di Gagliardi, uno degli architetti più prolifici e geniali che gestirono la ricostruzione post-terremoto, la facciata a torre assomiglia molto alle altre viste in val di Noto. Facciata convessa e colonne a decorare gli ordini su cui si sviluppa e campanile al centro dell'ultimo ordine.

La parte bassa della città è un viavai continuo di persone, turisti affannati e cittadini tranquillamente a passeggio per Corso Umberto I, la via della movida di Modica con bar, ristoranti, gelaterie e.... le immancabili cioccolaterie di Modica. Il cioccolato che si vende e produce qui è un vanto di tutta la Sicilia: "a chi lo gusta sembra di essere arrivato all'archetipo, all'assoluto, e che il cioccolato altrove prodotto - sia pure il più celebrato - ne sia l'adulterazione, la corruzione". Probabilmente c'è un pizzico di partigianeria nelle parole di un siciliano DOC, ma qualche valida pezza d'appoggio c'è. La poca raffinazione che il cioccolato subisce dall'elemento di origine al prodotto finale, lo rende un prodotto artigiano, non industriale e che conserva molte delle qualità che, in tutte le altre lavorazioni, perde inesorabilmente: da prodotto non raffinato il cacao è ricchissimo di antiossidanti.





Oratorio di San Lorenzo. Palermo.
Tanto per chiudere con il barocco e la tragedia del terremoto, che è stata l'involontaria causa della rinascita architettonica di un pezzo di Sicilia, finisco con l'oratorio di San Lorenzo a Palermo. Le decorazioni in stucco e oro sono opera di un grande maestro dell'epoca: Giacomo Serpotta. Lavorò più che altro a Palermo, ma nel periodo a cavallo del 1700 ottenne decine di incarichi che fecero decollare la sua attività.


La particolarità delle sue opere sta nel fatto che con semplice fil di ferro e stucco e una vena teatrale non indifferente, riusciva a ricreare scene realistiche e plastiche tanto da lasciare tutt'oggi stupefatti. Inoltre la particolare miscela dei componenti dello stucco (calce, sabbia filtrata, colla e polvere di marmo), ricetta tenuta gelosamente segreta, era riuscito a produrre un effetto lucido e brillante come se ogni personaggio fosse scolpito nel marmo, senza l'opacità caratteristica delle statue di gesso.

Caravaggio 2.0
Abbiamo scelto di visitare l'oratorio di San Lorenzo anche perché negli anni '80 fu teatro di una tragedia che non fece vittime tra gli esseri umani ma che distrusse definitivamente, si crede, un'opera d'arte di enorme valore: una Natività del Caravaggio, dipinta nel 1609. Il quadro venne rubato da due ragazzi affiliati ad una famiglia mafiosa per essere rivenduto sul mercato nero. La tela venne tagliata alla meglio dalla cornice con una lametta da barba ed arrotolata. Complice la notte piovosa di quella notte di ottobre del '69, il quadro subì danni enormi tanto che il committente, piangendo, non lo volle acquistare. Da allora del quadro si sono perse le tracce.
Nell'oratorio, oggi, c'è esposta una copia di quel quadro, con una didascalia con su scritto "Caravaggio 2.0".
Emotivamente la copia della Natività è ancora più impressionante dell'originale, proprio per il grave episodio di barbarie e malavita che ha portato alla scomparsa dell'opera originale.
Le statue del Serpotta, commissionate per abbellire l'oratorio e per "incorniciare" l'importante Natività del Caravaggio, ci osservano attoniti come splendidi e muti testimoni.

Ci sarebbe ancora molto da vedere e molto da dire su quest'isola, una terra troppo ricca per essere riassunta in "poche" righe. Nei prossimi post descriverò velocemente alcuni luoghi particolari per i quali vale la pena fare una piccola deviazione. 
Poi ancora Natura (spiagge comprese) e cibo! Una delle esperienze più sensazionali che si possono fare in Sicilia!

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